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Ferrari 156, 1961

Foto: autore ignotod
(da it.wikipedia.org)

Notizie: La Ferrari 156 F1 è stata la monoposto con cui la Scuderia Ferrari ha gareggiato in Formula 1 nel 1961 e nel 1962. Nonostante due prototipi del 1960 (246 P e 156 F2), la 156 F1 è comunemente indicata come la prima Ferrari a motore posteriore. Progettata da Carlo Chiti con la collaborazione di Mauro Forghieri, era equipaggiata sia con un Dino V6 che con un 6 cilindri a V di 120°. Con Phil Hill ha vinto il campionato piloti e costruttori nel 1961. Nel biennio 1958-1959, in Formula 1 ci fu una rivoluzione epocale: si impose la formula del motore posteriore introdotta dagli "assemblatori" inglesi, in particolare dalla Cooper. In realtà questa scelta non era una vera e propria novità perché la si era già vista su tre auto progettate da o sotto la supervisione di Ferdinand Porsche (Benz Tropfenwagen, Auto Union Type C, Cisitalia 360) e sul prototipo Alfa Romeo Tipo 512 Gran Premio. Oltretutto la Cooper utilizzava quella formula già dai primi anni '50 in gare minori ma di scarso impatto sia tecnico che mediatico. Così, non appena John Cooper decise di intraprendere l'avventura in Formula 1, i grandi costruttori scoprirono a loro spese che il motore posteriore era la soluzione vincente: permetteva infatti di costruire auto che, pur essendo meno potenti, davano diversi secondi al giro ad auto con quasi 300 CV perché il motore posto alle spalle del pilota, oltre che risparmiare sul peso della trasmissione, permetteva di accentrare le masse, di ridurre la sezione frontale e di migliorare il comportamento dinamico della vettura in qualsiasi condizione. Tuttavia, il motivo per cui gli inglesi scelsero di mettere il motore alle spalle del pilota fu leggermente diverso dal motivo che spinse i tedeschi a fare la stessa cosa più di 20 anni prima. Infatti la Auto Union costruì la Type C per partecipare alla Formula 750 kg che prevedeva l'unica restrizione nel peso minimo di 750 kg. Il motore posteriore serviva quindi a risparmiare il peso degli organi di trasmissione per costruire uno dei propulsori più potenti della sua epoca (16 cilindri per circa 520 CV). Al contrario, quello che spinse gli inglesi a collocare il motore posteriormente, non era il bisogno di costruire un motore potente, ma quello di annullare, tramite i vantaggi del motore posteriore, il divario tra i poco potenti motori inglesi e i più performanti Ferrari, Maserati, Vanwall e Mercedes che usavano gli ultimi ritrovati della tecnica per cercare le prestazioni piuttosto che la leggerezza. Enzo Ferrari si dimostrò subito scettico e pretendeva che i buoi stessero "davanti al carretto e non dietro". Questa reticenza la spiegò molto bene Mauro Forghieri: «Ferrari aveva una certa età e talvolta era condizionato dalla lunga esperienza con macchine totalmente diverse; inoltre ricordava bene l'Auto Union Grand Prix a motore posteriore degli anni '30, monoposto interessante ma che brillava soprattutto grazie a due superuomini, Bernd Rosemeyer e Tazio Nuvolari, tra i pochissimi che riuscivano a domare le sue violente scodate in curva.» Tuttavia l'ing. Chiti, convinto della bontà della nuova formula, riuscì a convincere Ferrari dopo numerose discussioni ed ebbe il via libera per cominciare a progettare una nuova monoposto. In questo contesto si svolse anche una vicenda poco nota. Infatti, nonostante la bravura di Chiti, Ferrari pensava che questi avrebbe potuto lavorare meglio e più velocemente se avesse avuto un telaio Cooper da studiare. Il Drake si rivolse quindi all'amico Guglielmo Dei, proprietario della Scuderia Centro Sud, affinché questi gli prestasse in gran segreto uno dei telai Cooper che utilizzava per correre in Formula 1. Dei acconsentì e una sera del '59 provvide a consegnare il telaio a un concessionario Ferrari di Modena che l'avrebbe poi trasferito a Maranello. Forse anche grazie a questa operazione segreta nacque la prima Ferrari a motore posteriore, quella 246 P che partecipò a Gran Premio di Monaco 1960. Sviluppo: nel 1961 entrò in vigore il nuovo regolamento della Formula 1 che prevedeva motori aspirati obbligatori con una cilindrata massima di 1 500 cm³ e minima di 1 300 cm³ e un peso minimo di 450 kg con acqua e olio ma senza carburante. Vennero resi obbligatori la messa in moto all'interno dell'abitacolo e il roll-bar e furono vietati i rifornimenti di olio lubrificante durante la corsa. In Ferrari comunque c'era già a disposizione un buon materiale su cui lavorare. Sì partì infatti dal collaudato motore Dino V6 della Dino 156 F2. Questo propulsore era stato progettato da Dino Ferrari in collaborazione con Vittorio Jano e presentava la particolarità dell'angolo tra le bancate a 65°; solitamente si preferisce infatti un angolo di 60°, 120° o 180° per avere una sequenza regolare degli scoppi ma i 5° in più permettevano di realizzare dei condotti di aspirazione dritti migliorando così l'alimentazione. Quindi, operando per avere il migliore equilibrio possibile, i tecnici Ferrari adattarono il Dino V6 da F2 all'impiego in F1 modificando leggermente la cilindrata (1476 cm³) attraverso l'aumento dell'alesaggio e la diminuzione della corsa. Questa modifica, insieme all'adozione di una nuova testata, consentì così di ricavare 5 CV in più (ora erano 185 a 9 200 giri/min) e aumentare leggermente il regime massimo di rotazione. Bisognava a questo punto mettere il motore alle spalle del pilota. Nel 1960, dopo la 246 P, venne quindi approntato un nuovo prototipo a motore posteriore, si trattava della 156 F2, per studiare il comportamento della futura Formula 1.

 



Stato: San Marino

Anno: 11 feb 1998